Archivi e PND: quale valore?

Le sfide da raccogliere attraverso il nuovo (seppur noto) processo di transizione digitale sono per loro natura multi-settoriali, ma è tuttavia innegabile come la lente d’ingrandimento identifichi una caratura maggiore per ciò che concerne il patrimonio culturale. Con eccezionale certezza, questa volta, sarà fondamentale attribuire alla situazione che ci troviamo a vivere – in quanto persone, prima che professioniste e professionisti – lo straordinario valore di necessità che merita.

 

Poter contare sull’unanimità di parere, nel mondo culturale, rende ogni azione volta alla tutela del patrimonio ancor più efficace e funzionale, e non a caso si parla sempre più di “contesto strategico”. L’impellenza che le istanze legate alla digitalizzazione hanno generato, è il carburante di un mezzo in moto in grado di mitigare anche i pareri più discordanti e, più realisticamente, uno strumento da utilizzare per perorare una causa che affonda le radici in ragioni storiche, politiche, di pubblico interesse.

 

Con la recente diffusione della versione 1.1 del PND (Il Piano Nazionale di Digitalizzazione del patrimonio culturale), si assiste alla definizione della visione attraverso cui il Ministero della Cultura promuove e organizza il processo di transizione digitale del patrimonio culturale italiano nel quinquennio 2022-2026[1]. Si tratta, dunque, di un’opportunità: un ampliamento di vedute nell’orizzonte della valorizzazione e fruizione, e una sfida – come anticipato in apertura – da raccogliere per far fronte e prepararci alle situazioni che le nuove tecnologie vanno via via generando.

 

La redazione, a cura dell’Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale – Digital Library del MIC, è il frutto di condivisione e confronto con diverse istituzioni culturali, e si rivolge in prima istanza a musei, archivi, biblioteche e luoghi della cultura, al fine di creare un documento i cui assunti siano chiari e comprensibili sin dalle fondamenta della sua struttura logica e progettuale[2]. È per tali caratteristiche di cooperazione, allora, e per l’ovvia chiamata alle armi, che dovremo iniziare a formulare degli interrogativi pertinenti ed edificanti in grado di proiettarci nella dimensione futura evocata dal Piano.

 

In accordo con quanto è di nostra competenza, e con quanto è possibile evincere attraverso la nostra esperienza, c’è un primo distinguo che occorre fare in quest’ottica: per un welfare culturale concorde alle visioni del PND, è di cruciale importanza indagare la peculiare complessità che lega l’ambito dell’archivistica al tema della digitalizzazione. Ad essere chiamata in causa, dunque, è una problematica che vede gli archivi in progetti di transizione dalla scriteriata pianificazione, e gli archivisti devolvere le proprie competenze in azioni prive di organicità, e veicolate da finalità che troppo spesso si perdono nell’etere. 

 

La digitalizzazione a tappeto di documenti, senza una meticolosa programmazione delle attività di gestione, valorizzazione e conservazione dei file, spesso attuata per singole iniziative – senza univoci riferimenti metodologici e operativi – rischia (con esempi negativi già verificabili alle spalle) di rivelarsi uno spreco di risorse e di energie, e di ledere sull’attribuzione di importanza che la comunità conferisce al settore. Al contrario, interventi sistematici e organizzati possono contribuire a corroborare un valore, quello dell’archivio, già intrinsecamente esistente, ma in costante ricerca di conferme.

 

Quale digitalizzazione, allora, crea valore per gli archivi? E su quali piani muoversi perché questo valore possa essere misurabile? Con la possibilità di conservare le opere originali in modo più sicuro, di facilitare la loro consultazione e di renderle disponibili a un pubblico sempre più vasto, è fondamentale ragionare in quest’ottica, e definire nuovi criteri di riferimento, economici e sociali.

 

È doveroso chiarire che, a costituire il nucleo delle riflessioni di cui sopra, sono le persone. Investire affinché gli operatori (pubblici e privati) rispondano positivamente alla rapidità evolutiva del quadro tecnologico, sarà imprescindibile per formare l’impianto logistico necessario. In questo senso, risulterà indispensabile un programma di apprendimento costante (lifelong learning) per supportare il cambiamento richiesto, e per individuare nuovi fabbisogni in termini di adeguamento organizzativo. In altre parole, sviluppare nuove competenze (reskilling) e migliorare quelle esistenti (upskilling), sarà propedeutico alla creazione di un nuovo valore culturale, per questi caleidoscopi documentari che chiamiamo archivi.

[1]             digitallibrary.cultura.gov.it

[2]             https://docs.italia.it/italia/icdp/icdp-pnd-docs/it/v1.1-dicembre-2022/scopo-del-piano-e-destinatari.html#scopo-del-piano-e-destinatari