Il valore degli archivi è misurabile?

Siamo abituati ad attribuire alle centinaia di migliaia di metri lineari di documenti conservati negli archivi pubblici italiani un valore essenzialmente culturale. Questa percezione non è errata – è indiscutibile il valore culturale di un archivio, – ma incompleta: da diversi anni ad essi è stato attribuito anche un valore più prosaico.

Infatti, con l’emanazione del decreto legislativo n. 279/19971 tutti i beni appartenenti al demanio pubblico sono stati inseriti nel conto generale del patrimonio dello Stato; è bene sottolineare che tra i beni pubblici demaniali l’articolo 822 del codice civile comprende anche gli archivi.

Ai documenti in essi conservati deve essere perciò attribuito un valore economico. Per rendere possibile la valutazione di tali beni è stato emanato dal Ministero dell’economia e delle finanze il decreto 18 aprile 2002 che stabilisce i criteri per poter calcolare il valore patrimoniale, fra gli altri beni, anche degli archivi. Recependo il parametro oggettivo riconosciuto a livello internazionale dal Conseil International des Archives, il decreto ha individuato come misura base lo sviluppo in metri lineari delle scaffalature su cui il materiale è collocato e gli ha attribuito una stima di € 5.164,5 al metro lineare,  suscettibile di variazione in base a specifici coefficienti:

  • stato di conservazione e completezza
  • supporto e condizionamento
  • periodo storico
  • rilevanza per la ricerca storica
  • rarità e pregio del materiale.

In base a tali parametri e all’emanazione di specifiche circolari e norme2, sono state avviate le procedure di  valutazione di tutto il patrimonio archivistico statale che è entrato così a far parte del conto generale del patrimonio dello Stato3.

Gli stessi criteri sono stati utilizzati anche per la stima dei beni archivistici delle regioni e degli enti locali4.

Da questi brevi cenni emerge dunque una prospettiva che induce a concepire e trattare l’archivio come un bene economico patrimoniale, e ciò fin dalla sua formazione, dato che anche la sua corretta gestione e conservazione influiscono sulla valutazione economica.

Ma c’è di più. Gli archivi non costituiscono solo beni demaniali che lo Stato può valutare per migliorare i suoi conti: l’archivio, se gestito secondo i dettami della disciplina archivistica, costituisce una risorsa strategica che rende possibile nell’immediato un risparmio economico.

Un archivio ordinato e correttamente tenuto consente infatti un più rapido recupero dei documenti e dunque delle informazioni in essi contenute, evitando eventuali contenziosi e garantendo efficacia, efficienza, economicità e trasparenza. Senza contare che, grazie alle periodiche operazioni di selezione, esso occuperà un minor volume di spazio (non solo fisico, ma anche digitale!) riducendo il dispendio di risorse finanziarie.

In una prospettiva futura lo stesso archivio, divenuto storico, potrà essere valorizzato e finalizzato, oltre che più “tradizionalmente” alla ricerca, anche alla comunicazione e al marketing, producendo quindi un ritorno di immagine che si potrà tradurre anche in termini economici.

Tali considerazioni possono essere estese agli archivi prodotti da soggetti privati, che seppur non oggetto della normativa ricordata sopra né sottoposti alla maggior parte dei vincoli legislativi che riguardano gli archivi pubblici, dovrebbero essere alla stessa stregua considerati e gestiti come una risorsa economica. Basti pensare al fatto che i documenti prodotti dalle aziende vengono annoverati dagli esperti del settore fra i cosiddetti beni intangibili (intangible assets) che stanno assumendo un ruolo crescente ai fini della valutazione economica delle imprese.

Gli asset intangibili rappresentano infatti, nel loro insieme, il patrimonio di conoscenza  di un’organizzazione, di cui gli archivi sono una parte fondamentale5.

Per questo vanno considerati, tenuti e valorizzati in tutte le fasi della loro gestione come elementi in grado di accrescere il valore di un’azienda.

[1] Articolo 14 del d.lgs .n. 279/1997

[2] Circolare della Direzione generale per gli archivi n. 85 del 17 maggio 2004.

[3] La Ragioneria generale dello Stato ha pubblicato nel 2016 uno studio che fornisce dati statistici sulle consistenze e le variazioni dei beni mobili di valore culturale, biblioteche ed archivi, del Ministero per i beni e le attività culturali (il documento è consultabile all’indirizzo http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attiviti/Rendiconto/Conto_del_bilancio_e_Conto_del_patrimonio/Il-Patrimo/PS-2016.pdf, consultato il 15.02.2019)

[4] Le regioni e gli enti locali sono stati assoggettati a tale obbligo con l’approvazione del d.lgs n. 118/2011.

[5] Per asset intangibili si intendono le risorse e il patrimonio non incorporati in beni fisici o in attività finanziarie.