Open Data: cosa sono?

Secondo una definizione accreditata e diffusa, gli open data, chiamati con il termine inglese anche nel contesto italiano, cioè “dati aperti”, sono dati che possono essere liberamente utilizzati, riutilizzati e ridistribuiti da chiunque, soggetti eventualmente alla necessità di citarne la fonte e di condividerli con lo stesso tipo di licenza con cui sono stati originariamente rilasciati1.

Caratteristiche fondamentali degli open data sono:

  • Disponibilità e accesso: i dati devono essere disponibili nel loro complesso, per un prezzo non superiore ad un ragionevole costo di riproduzione, preferibilmente mediante scaricamento da Internet. I dati devono essere disponibili in un formato utile e modificabile.
  • Riutilizzo e ridistribuzione: i dati devono essere forniti a condizioni tali da permetterne il riutilizzo e la ridistribuzione. Ciò comprende la possibilità di combinarli con altre basi di dati.
  • Partecipazione universale: tutti devono essere in grado di usare, riutilizzare e ridistribuire i dati. Non ci devono essere discriminazioni né di ambito di iniziativa né contro soggetti o gruppi. Ad esempio, la clausola ‘non commerciale’, che vieta l’uso a fini commerciali o restringe l’utilizzo solo per determinati scopi (es. quello educativo) non è ammessa.2

 

Il profilo principale, quindi, degli open data è conferito al loro essere “open”: aperti, cioè disponibili al riutilizzo e all’accesso. Come espressione, “open data” risale almeno alla metà degli anni novanta del secolo scorso e la sua origine è individuabile nell’ambito scientifico: il sociologo Robert K. Merton, già negli anni quaranta, teorizzava in maniera compiuta la necessità che i metodi e i risultati della ricerca scientifica fossero resi completamente e liberamente accessibili e conosciuti.3

L’avanzamento tecnologico e le nuove tecnologie dell’informazione, prima fra tutte internet, hanno reso tale prospettiva realizzabile in molteplici settori della vita civile e politica: dalla scienza alla dimensione politica il passo è stato breve. Risale, infatti, alla Open government directive di Barack Obama del 2009 il principale impulso alla messa in rete e condivisione di dati e documenti relativi alle azioni intraprese dai governi, con il fine di garantire una completa trasparenza e un controllo ampio ed efficace da parte dei cittadini sui propri governanti.

Dalla Direttiva Obama si è quindi passati, in Europa, a una migliore e più forte definizione normativa degli obblighi che interessano gli organismi di diritto pubblico rispetto alla diffusione e all’utilizzo degli open data. Con la Direttiva 2013/37/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 si modificava la precedente direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico. In questi giorni, il 4 aprile, vi è stato il nuovo intervento per l’aggiornamento delle regole sul riuso delle informazioni detenute dagli enti pubblici degli Stati membri e presenti nei documenti conservati dalle imprese pubbliche che erogano servizi come i trasporti o l’approvvigionamento idrico/energetico.

Per l’Italia, nello specifico, esistono diverse norme, fra le quali ricordiamo il Codice dell’Amministrazione Digitale agli articoli 50, 52 e 68; l’art. 7 del Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 recante Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni; il Decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 che in introduce il FOIA (Freedom Of Information Act), una forma di accesso civico che consente ai cittadini di richiedere anche dati e documenti che le pubbliche amministrazioni non hanno l’obbligo di pubblicare.

Anche come supporto e strumento di attuazione di tali norme, l’AgID presenta un sito dedicato dove è possibile accedere a diverse risorse informative, fra cui tutte le norme nazionali ed europee sul tema e naturalmente numerosi dataset messi a disposizione da Amministrazioni di ogni genere su molteplici temi di azione governativa e amministrativa.Sullo stesso sito una pagina è dedicata alla Federazione dei cataloghi, cioè alla messa a fattor comune di tutti i dataset resi disponibili dalle Amministrazioni, che vengono aggiornati mediante procedure automatiche in un catalogo unico. I metadati raccolti ed esposti dal catalogo unico confluiscono poi nel catalogo del Portale europeo dei dati5.

Siamo così arrivati alla dimensione europea degli open data: il Portale raccoglie i metadati delle informazioni del settore pubblico esposte sui portali governativi di vari paesi europei e comprende anche informazioni riguardanti la fornitura di tali dati e i vantaggi del loro riutilizzo.

Numerose sono le iniziative in ambito di open data: si tratta di un tema sempre più al centro dell’interesse delle amministrazioni pubbliche come di recente testimoniato anche dal ricco programma di appuntamenti dedicati al tema da Forum PA2019.

In conclusione, per rendere sempre più efficace l’azione informativa promossa mediante gli open data, con particolare riferimento al panorama delle amministrazioni pubbliche italiane, questi sono alcuni dei principali punti di attenzione all’ordine del giorno:

  • vi è un’eccessiva proliferazione di “junk data” da parte delle Amministrazioni, cioè di dati incompleti, incoerenti e  inutilizzabili;
  • va sostenuta l’importanza di diffondere una “cultura del dato” intesa come attenzione preliminare e non solo finale a un corretto “data management”;
  • è necessario che aumenti il numero delle Amministrazioni che partecipano alla condivisione dei propri dati: ad esempio, risulta che solo il 2% dei Comuni italiani abbia portali dedicati agli open data.
  • è centrale il tema, di carattere sia legale che informatico, relativo alle licenze connesse alla diffusione dei dati, licenze che devono essere appunto “aperte” e non proprietarie;
  • vanno sempre considerati adeguatamente i profili connessi al GDPR (Regolamento UE n. 679/2016) nella gestione degli open data quando riportino informazioni personali. Queste dovranno essere, infatti, non solo protette per garantire la riservatezza mediante anonimizzazione, ma anche sottoposte alle previste procedure di aggiornamento, rettificazione o cancellazione.