Intervista a Rosa Mininno, fondatrice della prima scuola di Biblioterapia in Italia

Uno sguardo sul mondo della Biblioterapia con la Dott.ssa Rosa Mininno, psicologa e psicoterapeuta,  fondatrice  nel 2015 di S.I.Bi.L.L.A. la prima Scuola di Biblioterapia, del Libro, della Lettura e delle Arti in Italia. Scopriamo la sua importanza, forse ancora maggiore in quest’era pandemica, e quante relazioni può avere con il mondo bibliotecario.

 

Dott.ssa Mininno, potremmo definire il suo un vero e proprio atto pioneristico in Italia, considerando che i primi a parlare di biblioterapia come strumento di auto-cura furono gli americani negli anni 30′ e nello specifico William Menninger.

Che impatto ha avuto in Italia l’applicazione di questa innovativa forma di terapia?

Io ho fondato il sito nel maggio del 2006 e fin dall’inizio è stato molto forte l’interesse dei media, dei giornali e delle radio, anche se ha stentato un po’ ad entrare nel vivo delle strutture sanitarie, nelle librerie, etc. dato che purtroppo in Italia si legge molto poco. Ci sono voluti 10 anni prima di dare vita alle vere e proprie iniziative, nonostante io la avessi introdotta fin da subito nel circuito della Sanità, come negli ospedali, cliniche, biblioteche, etc. . Questo perché la Biblioterapia può essere applicata in diversi contesti, in quanto è promozione della lettura scelta e guidata all’interno di percorsi educativi e formativi e i destinatari possono essere bambini, adolescenti e adulti. Allo stesso modo ho potuto appurare che molti studenti, docenti e ricercatori la rendono oggetto delle loro tesi e dei loro studi. Io ho studiato con Falloon, psichiatra fondatore della psicoeducazione, ed utilizzo la Biblioterapia dal 1998. Mentre lui però nelle sue terapie consigliava  solo i manuali di auto-aiuto, la Biblioterapia che io applico comprende diversi generi (narrativa, biografie, saggistica, etc.) cercando di creare collaborazione e alleanze tra i pazienti, i loro familiari e gli operatori sanitari coinvolti.

Tempo fa ho letto che: “La lettura diventa uno strumento di auto-cura perché acquisendo conoscenza sul proprio stato il paziente assume consapevolezza del proprio disagio”.

Nella psicoterapia tradizionale accade a volte che il paziente, proprio a causa di questa consapevolezza, decida di allontanarsi dal percorso intrapreso. 

Nella sua esperienza è mai accaduto che un paziente decidesse di interrompere la biblioterapia?

Intanto dobbiamo ben precisare che quando parliamo di auto-cura o auto-aiuto non parliamo del fai-da-te, perché una terapia è un percorso guidato (ad esempio anche nelle terapie di gruppo in cui la gestione della seduta è autonoma, ci sono sempre un facilitatore e un supervisore).

Comunque nella mia esperienza non è mai accaduto che il paziente decidesse di interrompere la terapia, perché fin dal primo colloquio che io ritengo fondamentale,  capisco se c’è una reale motivazione, voglia ed intenzione di intraprendere il percorso terapeutico da parte del paziente. La Biblioterapia è una tecnica che va ad integrare la psicoterapia e nel mio percorso di studi ho cercato di conoscere i vari indirizzi pur partendo da una base jungiana. Questo perché dal mio punto di vista nessun indirizzo psicoterapeutico ha la verità in tasca e ogni paziente deve essere curato con una tecnica diversa sulla base del proprio specifico caso, personalizzandone appunto la terapia. Infatti la psicoterapia ha alla base una conoscenza della persona e il fine ultimo non è la consapevolezza, ma il cambiamento di quei comportamenti disfunzionali o dell’ immobilismo che produce sofferenza e che annienta le capacità creative innate nella persona. Si deve quindi capire quale strategia adottare in un determinato momento per far emergere quegli aspetti che rimangono celati. La Biblioterapia aiuta la persona attraverso ad esempio  l’identificazione con alcuni personaggi e in tal modo può mettere a fuoco quei propri comportamenti su cui lavorare.

 

Ancora oggi è molto forte l’opposizione all’uso di ebook in luogo di libri cartacei, perché si teme con questa ondata la sparizione graduale delle biblioteche “reali”, oltre che di tutti quei settori della filiera del libro come i librai o gli editori.

Nella prescrizione delle sue cure, seguendo la scia dell’evoluzione tecnologica nel campo librario, ha pensato di inserire ebook o audiolibri? Se sì, ha potuto constatare delle differenze nei risultati ottenuti in termini di tempistiche e apprendimento?

 

Io preferisco consigliare sempre libri cartacei, perché il libro stimola la percezione in modo diverso (tattile, visivo), anche se ci sono persone che preferiscono leggere su supporti tecnologici.

In quel caso sui pazienti che hanno manifestato questa preferenza non ho riscontrato effettivamente alcun problema nelle risposte alla terapia “prescritta”.

Non si può sottovalutare l’impatto che un libro ha sulla nostra percezione, basti pensare che quando entriamo in una libreria o in una biblioteca rimaniamo colpiti da una copertina, da un disegno, un colore e inevitabilmente di conseguenza la nostra attenzione è più stimolata. È innegabile che tutti gli strumenti sono utili (potremmo aprire un intero capitolo sull’utilità degli audiolibri ad  esempio ), ma il libro secondo me ha maggiori capacità attrattive, tanto che gli stessi produttori di ebook stanno cercando di renderli sempre più simili al libro e permetterne quindi una fruizione più diretta, avendo ormai appreso che la lettura orizzontale è più importante di quella a scorrimento veloce.

 

Penso alle persone che non amano leggere.

Crede che possano essere stimolate comunque a trovare nei libri la soluzione alle loro difficoltà? In caso affermativo,  in che modo?

I libri non offrono soluzioni, questo deve essere ben chiaro, poiché le soluzioni vanno cercate nella persona, nella sua storia, mentre il libro è un mezzo , uno strumento che stimola la percezione, l’immaginazione, etc.   La terapia non deve necessariamente prevedere la lettura in solitaria di un libro, ma a volte basta proporre dei brani o delle citazioni perché credo che quel particolare brano o quella citazione possano aprire altri orizzonti in quella persona. Ad es. organizzo delle terapie di  gruppo in cui trascorriamo  3 ore (letteralmente!) a discutere intorno ad una frase  che ho ripreso da un libro. Bastano poche parole a volte per poter permettere di rompere il ghiaccio alla persona che non ama leggere,  ottenendo nel tempo anche la soddisfazione di veder nascere in alcuni di loro l’amore per la lettura. La persona può scegliere da sola le proprie letture, magari avere una particolare predilezione, ma in sede di terapia parto sempre dai classici, perché hanno una struttura narrativa bene solida, che stimolano molto la mente alla memorizzazione, alla proiezione, alla critica e all’apprendimento  linguistico.

 

Quali sono le fasce di età che rispondono meglio alla biblioterapia ?

Tutte ! L’ho applicata a tutte le fasce di età , con patologie diverse anche neurologiche o psichiatriche. Quelle che rispondono meglio sono gli adulti e gli anziani, ma anche i bambini  se però vengono educati a leggere o accompagnati alla lettura, perché leggere insieme ai propri genitori vuol dire STARE  insieme e i genitori dovrebbero leggere con e per i figli, ma sapere che si legge anche per se stessi, perché l’adulto tramite questa esperienza si conosce gradualmente come genitore.

 

Molte persone non del mestiere tendono a fondere le due figure di bibliotecario e del biblioterapeuta nel comune ruolo di “consiglieri” di libri.

Sulla base degli studi specialistici da lei seguiti e le esperienze maturate, quali sono secondo lei le principali differenze tra i due?

Premetto che la biblioteca è l’ avamposto della democrazia, a partire dalla gratuità dei servizi, nella maggior parte dei casi e all’importanza che riveste nel tessuto sociale in cui vive. Per questo deve essere protetta, difesa e finanziata allo scopo non di sopravvivere, ma di VIVERE.

Data questa premessa, posso affermare che il  ruolo del bibliotecario è fondamentale, ma è bene che la sua figura non venga confusa con quella del biblioterapeuta.

Il biblioterapeuta raccoglie in sé due accezioni: una di tipo tecnico, in quanto professionista del settore, preparato e formato nella disciplina psicologica; l’altra è un’accezione di stampo  educativo/formativo, in cui possono rientrare i protagonisti della filiera del libro come i librai, i bibliotecari, etc. . Certamente questi ultimi hanno una preparazione che permette loro di sviluppare una competenza specifica nel saper consigliare un libro adatto ad un problema o su un argomento particolari, etc., ma non fanno nel loro lavoro quotidiano un percorso di biblioterapia. Il bibliotecario conosce tutto ciò che possiede e può consigliare o organizzare eventi, ma può integrare il proprio sapere con quello degli altri specialisti in un’ottica di globale conoscenza della persona.

Non dobbiamo dimenticare mai che il fine ultimo è la persona nel suo insieme, noi dobbiamo lavorare perché ci sia una crescita globale della persona. Per questo auspico una collaborazione tra le due figure.

La Dott.ssa Rosa Mininno scrive inoltre sulla pagina Facebook “Biblioterapia e salute”.