Archivio: che cos’è?

Il termine archivio viene utilizzato con una vasta gamma di significati associati alle più diverse attività di raccolta di dati e informazioni.

Un largo impiego della parola avviene nell’informatica, nel cui ambito un archivio rappresenta un “insieme organizzato di dati di consultazione omogenei, aggiornato costantemente o periodicamente, da cui un sistema di elaborazione o di documentazione automatica può ricavare indici, tabelle, ecc. Un archivio di grandi dimensioni e accessibile a un pubblico più o meno vasto è chiamato banca (di) dati1.

Basti pensare all’impiego più comune in alcuni smartphone, dove una applicazione denominata “archivio” consente di raccogliere i nostri file e  recuperarli agevolmente alla bisogna!

Alla fortuna e al vasto utilizzo del termine corrisponde un’altrettanto grande inconsapevolezza del suo significato più strettamente specialistico, individuabile anche nella sua etimologia: la versione più accreditata fa derivare la parola archivio dal greco ἀρχεĩоν (archéion) che indicava il palazzo dei magistrati dove era conservata anche la documentazione da essi prodotta nell’esercizio delle loro funzioni

Già qui si nota una prima ambiguità del termine che poi si è trasferita nella lingua latina: i vocaboli arcivum, archivum o archivium stavano a indicare infatti sia l’insieme dei documenti che il luogo fisico in cui essi erano conservati. Tutt’ora si definisce archivio indifferentemente sia il complesso documentario sia il luogo in cui è conservato e, per estensione, anche gli istituti culturali che concentrano, raccolgono e conservano per fine di consultazione pubblica archivi storici di diversi soggetti produttori (come ad esempio l’Archivio Centrale dello Stato, gli archivi di Stato, oppure fondazioni o istituti privati che custodiscono archivi storici privati) che non sono archivi in senso stretto.

Ma cos’è quindi un archivio? Molte sono le definizioni che nell’ambito della dottrina archivistica sono state formulate nel corso di alcuni secoli.

Proponiamo qui tre definizioni contemporanee tra le tante formulate che esprimono chiaramente le caratteristiche fondamentali di un archivio.

Luciana Duranti ne dà una definizione molto efficace: “l’insieme dei documenti redatti e ricevuti da una persona fisica o giuridica nel corso delle sue attività come loro strumento e residuo, e conservati per proprio riferimento da quella stessa persona o da un suo successore legittimo”2.

Per Paola Carucci l’archivio è il “complesso dei documenti acquisiti da un ente (magistrature, organi e uffici centrali e periferici dello Stato; enti pubblici; istituzioni private, famiglie o persone) durante lo svolgimento della propria attività”3.

Secondo Elio Lodolini l’archivio “nasce spontaneamente, quale sedimentazione documentaria di un’attività pratica, amministrativa, giuridica. Esso è costituito perciò da un complesso di documenti legati fra loro reciprocamente da un vincolo originario, necessario e determinato, per cui ciascun documento condiziona gli altri ed è dagli altri condizionato […]. Assolutamente diversa dall’archivio – anzi antitetica rispetto ad esso – è la raccolta, la collezione, formata per volontà del raccoglitore o del collezionista”4.

Ciò che accomuna le varie definizioni è il riferimento all’organicità, alla struttura, alla sedimentazione naturalee all’associazione a funzioni e attività, nonché alla tenuta da parte del soggetto che produce i documenti (il soggetto produttore). Questi elementi mettono in evidenza le caratteristiche peculiari di un archivio che lo differenziano da altri beni culturali5.

Si può parlare di archivio infatti solo se i documenti che lo compongono sono originariamente connessi con l’attività del soggetto produttore e non frutto di un atto di selezione o raccolta a posteriori. L’archivio nasce spontaneamente come riflesso mnemonico o prova giuridica di un’attività svolta a un preordinato scopo. In parole più semplici: l’archivio si forma anche se non lo si vuole! Questa involontarietà dell’origine costituisce uno dei tratti fondamentali e distintivi dell’archivio, così come la sua organicità. Infatti, l’origine pratico-operativa della documentazione archivistica fa sì che tra i documenti appartenenti allo stesso complesso documentario si formi un legame, una rete di relazioni necessarie e naturali determinate dai bisogni documentari del soggetto produttore (il vincolo archivistico).

 

Queste definizioni, frutto di preziosissime elaborazioni concettuali, sono più che mai attuali: vanno tenute ben presenti ed utilizzate come guida nell’attuale scenario caratterizzato da una sempre più estesa produzione di documenti digitali e, quindi, di archivi digitali.

[1]    Vocabolario on line Treccani http://www.treccani.it/vocabolario/archivio/. Consultato il 19/09/19.

[2]    L. Giuva, M. Guercio (a cura di), Archivistica. Teorie, metodi, pratiche, Carocci editore, 2015, p. 21.

[3]    P. Carucci, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Carocci editore, 2015, p. 200.

[4]    E. Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, Franco Angeli, p. 21.

[5]    Come spiegava Giorgio Cencetti: “Nell’archivio potremo dunque riconoscere una universalità necessaria, con fini generali, mentre concepiremo la biblioteca, il museo, la pinacoteca come universalità volontarie costituite per fini scientifici”. G. Cencetti, Sull’archivio come «universitas rerum», in Archivi, Anno IV (1937), pp. 7-13.