Intervista a Marco Orlandi, uno dei fondatori del Borgo dei Cartai di Subiaco

Immerso in uno dei Borghi più belli d’Italia, Subiaco, culla della stampa e del monachesimo benedettino (a soli tre km dai Monasteri di San Benedetto e Santa Scolastica 2 ), troviamo il “Borgo dei Cartai” un Museo della carta, istituito per rappresentare una Cartiera dell’800, riproponendone i macchinari e le procedure di fabbricazione della carta “alla forma” ma non solo.

Parliamo con uno dei fondatori di questo luogo unico, Marco Orlandi.

Affermare che il “Borgo dei Cartai” sia unico nel suo genere non è certamente esagerato. Potrebbe spiegarci più nel dettaglio come è nata l’idea di creare questo Museo?

Per onorare il primato della Stampa in Italia il prof. Giovanni Meroni, uno studioso, inventore, artigiano della nostra città, riteneva che fosse doveroso istituire un museo. Appunto per questo la regione Lazio a seguito della nostra idea, finanziò questo progetto con €750 mila che non potendo essere destinati ad una associazione furono assegnati al comune di Subiaco. Da qui nacque quello che oggi è il MACS (Museo delle Attività Cartarie e della Stampa di Subiaco 4 ), ma che non rispecchiava nelle intenzioni l’idea originaria del Meroni. Fu così che decidemmo di creare qualcosa di più fedele e vicino alle nostre idee dando vita a quello che oggi è il Borgo dei Cartai.

La chiusura della Cartiera 3 nata per volere di Sisto V nel 1587, ha portato certamente ad uno sconvolgimento in gran parte economico, intaccando se vogliamo anche la fama internazionale che Subiaco aveva raggiunto, grazie soprattutto alla produzione della carta autocopiante Action Paper.

Quanto, secondo lei, hanno influito sulla vostra volontà di riproporre la fabbricazione della carta, la presenza dei Monasteri come culla del libro stampato in Italia e quella della Cartiera sopra citata ?

Nel 2004, dopo 420 anni, chiude a Subiaco la Cartiera. Aveva determinato la vita economica e produttiva della città, aveva tenuto insieme il tessuto sociale, era uno dei centri produttivi più importanti del comprensorio e di tutta la Valle dell’Aniene. La sua chiusura ha significato la perdita di questo centro, ha prodotto un vuoto oltre che economico, sociale e culturale. Era nata per sopperire alla forte necessità di carta che l’impianto della prima tipografia italiana aveva via via richiesto. Subiaco, prima tipografia italiana e patria del primo libro stampato, con la cartiera diventava il riferimento per gli Archivi Vaticani. Questo è ciò che ci ha spinto, guidati dalle idee di Giovanni Meroni a riprendere la produzione

Il progetto ha richiesto certamente molto tempo e tanta convinzione per essere realizzato, ma alla fine ce l’avete fatta!

Quanto interesse ha suscitato la vostra idea nella comunità sublacense e quanto al di fuori di essa?

Bisogna essere onesti intellettualmente e nonostante ci sia una parte della città molto attenta molto affascinata, nonostante l’amministrazione abbia destinato a questo progetto una delle più importanti strutture della città, Il Mulino Carlani, la gran parte della comunità purtroppo sembra piuttosto ignorare questo progetto.

Cosa diversa invece l’attenzione dall’esterno, risultando tra i riferimenti delle scuole del Lazio.

La nostra carta è catalogata e scelta dalla tipografia Tallone per il IV Catalogo Tipografico (una delle più autorevoli pubblicazioni al mondo per le tecniche tipografiche), siamo presenza costante nelle manifestazioni del premio Doc Italy, manteniamo costanti rapporti con studiosi e istituzioni di tutti i tipi, abbiamo un partenariato con l’ Istituto Europeo del Design, con l’ Istituto Quasar e collaboriamo con molte associazioni ed istituzioni. Non da ultimo, siamo coinvolti attualmente in un progetto della facoltà di psicologia dell’università La Sapienza di Roma, all’interno di uno studio sulla creatività dei bambini nello sviluppo della loro personalità .

Corsi di formazione sull’arte e i mestieri della carta, della legatoria, della tipografia e l’organizzazione di laboratori didattici sono la base delle vostre principali iniziative.

Che impatto hanno queste attività sull’avvicinamento dei partecipanti al libro e alla sua origine?

I nostri corsi di formazione, i workshop, i laboratori, attraggono un selezionato numero di utenti, affascinati e coinvolti da questo processo che rievoca fasti e attività ormai depositate nella memoria. Siamo convinti che in ognuno ci sia una grande meraviglia ed un potenziale immenso cosa che osserviamo esplicitarsi nei nostri laboratori, nelle nostre visite esperienziali. È qui che si concentra la nostra Mission cioè quella di aiutare ognuno a far emergere il proprio talento e le proprie predisposizioni, vedendole pian piano fiorire.

Lo scorso ottobre 2019 hanno avuto inizio i lavori di ristrutturazione del teatro Narzio, la cui sala principale è stata intitolata a Gina Lollobrigida originaria, come sappiamo, di Subiaco.

Pensa che possa nascere in futuro una collaborazione fra le due diverse realtà culturali, quella teatrale e quella libraria, o magari con altre organizzazioni culturali inserite nel contesto locale sublacense?

Non avevo mai pensato a questa opportunità ma avendo una grandissima apertura e un forte senso di sperimentazione non escludo che questo possa verificarsi.

Ancora oggi tra gli operatori bibliotecari vige una seria preoccupazione sull’avanzamento della tecnologia relativo alla lettura e alla fruizione delle risorse, in luogo del concreto e in un certo senso “rassicurante” esemplare cartaceo.

Quali sono secondo lei i punti in comune tra queste due realtà, tecnologica ed “analogica”? Condivide anche lei il timore che il libro sia destinato a scomparire?

L’ipotesi che il libro possa scomparire credo sia assolutamente inesistente. C’è un legame con le emozioni, con le sensazioni, con i sensi che vanno oltre il tempo e sono elementi che mettono in comunicazione le memorie e quando la memoria è così fondante e così pervasiva non c’è nulla che possa sostituirla neanche in parte. Tutte le dinamiche relative all’avvento delle nuove tecnologie per sostituire la lettura non riescono assolutamente a scalfire il godimento dello sfogliare pagine di un libro; altra cosa invece è consentire alla tecnologia di migliorarne la fruibilità e la diffusione.

Grazie a Marco Orlandi della disponibilità e per averci trasmesso lo spirito di rinnovamento e di ricerca con cui porta avanti con determinazione e professionalità il suo impegno nel mantenere vive le tecniche di fabbricazione e fruizione della carta.